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UN ALTRO MARZO

 

Dei primi dieci giorni di questo mese era già stato detto nel precedente diario.

L’unica corsa effettuata fu la Campestre Itinerante a Montepulciano Scalo, alcuni millenni fa, lontana ormai come la Repubblica Senese o addirittura la costruzione delle piramidi.

I successivi giorni di marzo è stata un’apocalisse!

Le corse promesse, inizialmente rinviate, si sono dissolte nello spazio tra un un comunicato restrittivo e l'altro, regredendo la situazione a quella del 1970, che però non era bisestile.

Cinquant’anni fa nessuno correva. Pochi anche negli anni seguenti.

Io faccio parte di allora. Ho cominciato nel 1976, esordendo alla Marcia del Capercio a agosto ad Arcidosso, con partenza  e arrivo davanti al palazzone dove a suo tempo avevo frequentato le elementari e le medie.  Poi a ottobre la Marcia del Chianti a Siena. Abitavo in Piazza San Giovanni, sicchè il Campo era accanto e comodo. Quella edizione scese per Fontebranda al Madonnino Scapato, poi per Montalbuccio, San Leonardo al Lago, Celsa, Scorgiano, concludendosi alla Piscina Olimpia a Colle.

Ricordo benissimo di percepire come, in un tempo dove di escavatori e attrezzature motorizzate se ne vedevano pochissime e il lavoro costava ancora impegno fisico, il comune sentire atavicamente tendente a far bollire la pentola considerasse la fatica erogata a scopo ludico del tutto inutile e superflua.

La suddetta percezione era rafforzata da qualche invito ricevuto dai campi adiacenti di prendere una vanga o una zappa. Chi mi conosce può supporre cosa ne seguisse.

Le personali due corse di tutto un anno diventarono molte decine in quelli a venire: in mezzo a sempre più gente e con progressiva comprensione sociale nonché motivo di promozione territoriale, fino ad un lontanissimo attimo fa, quando ogni domenica ha coinvolto migliaia di corridori, magari agghindati in maniera estremamente avanzata rispetto alle misere mutande e canottiera iniziali.

E ora?

Domani sarà primavera.

Si ripete un rito naturale, come a scopo di intercessione si sono ripetuti altri riti umani che erano diventati desueti nel tempo: il nostro Sindaco ha rispolverato  in Duomo le chiavi della Città nella Cappella del Voto; a Prato il Vescovo ha esposto il Sacro Cingolo. Ho il massimo rispetto per le persone religiose, ma il fatto di sentire al telegiornale che Lourdes ha chiuso bottega da quindici giorni, mi fa pensare.

Ma credenti o atei, una normalizzazione nella vita quotidiana prima o poi dovrà esserci.

Magari ricominceranno, con tanto di autorizzazione, anche le corse.

Chi ricomincerà, come lo farà?

Dai discorsi nei pre-gara del tempo del pre-virus,  si evinceva come il 95 % dei podisti fosse sempre in carenza di preparazione;  tutti venivano da periodi nei quali per i più svariati motivi non avevano potuto allenarsi, magari per un giorno solo. Comunque realizzando poi prestazioni estremamente eclatanti, da giustificare lo spiattellamento del risultato sul social con corredo infinito di foto.

Verrebbe da dire: stai a vedere che con la perdita del fondo e la diminuita massa muscolare per colpa dello stop dovuto al merda-virus, qualcuno andrà poi più forte che pria!

Forse bisognerebbe saltare a piè pari le polemiche del “posso correre!” e “no, devi sta ‘ncasa!”.  Ma dal tempo delle mutande e canottiera fino all’abbigliamento spaziale; dalle classifiche della maratona consultate sulla rivista il mese successivo all’effettuazione arrivando all'attuale tempo on-line al passaggio ogni 5 Km, sostengo di aver visto quasi di tutto.

Però non vorrei continuare a vedere gli sciaborditi che in questi giorni insistono ad andare ad allenarsi.

Fanno passare male anche i podisti corretti che stanno in casa, dimostrando il dovuto senso civico.

Fra noi si è sempre saputo come girava: qualunque bischero aveva a disposizione lo spazio adatto per pavoneggiarsi esibendo l’elenco delle proprie prestazioni o postando i best-time nella stragrande maggioranza dei casi ridicoli o tronfiamente portando a casa il premio di una categoria che comprendeva due iscritti. Faceva parte dell’ambiente, giocare ai campioni fatti in casa: duri, resilienti e olimpici.

Ma in questi giorni, in cui come ha detto qualcuno dovremmo rispettare il lutto invece di cantare sul terrazzino, (ma un pochino di spirito positivo lo so che è indispensabile per la sopravvivenza e la speranza), perché dobbiamo farci riconoscere come la categoria che va a giro, quando la legge lo vieta? Lo vieterebbe anche il buon senso, ma se ci fosse non staremmo a parlarne.

Una regola si rispetta e basta. Come dovrebbe essere col pagare le tasse, mandare a scuola i figli, rispettare gli orari di lavoro o tutte le altre cose che il convivere sociale richiede. Le scuse che ognuno trova sono sciocche. Che ne direbbero questi podisti presunti autorizzati, se nelle idolatrate classifiche si trovassero messi dietro da qualcuno auto-certificato che  con la scusa d'esser vecchio, avere le ginocchia scassatissime dall’artrite e mettici pure un po’ di sana prepotenza si sentisse giustificato di tagliare il percorso e partire prima quanto necessario?

 

State a casa

   
     
 
 
 
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